![]() I Canti della Murgia |
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Nel
1964, la Società Editrice Democratica Italiana di Roma pubblicò «I
Canti della Murgia», la raccolta di poesie che il professore aveva
dedicato alla sua terra e ai protagonisti della civiltà contadina.
La rivista «sempre
Avanti!», che lo annoverava tra i suoi più preziosi collaboratori,
volle rendergli omaggio con una bella recensione, curata da un amico che
lo aveva conosciuto nel periodo materano. Recensione che ho sintetizzato
in queste pagine. Non è stato possibile individuare il nome del
giornalista, che, purtroppo, in quella circostanza firmò il pezzo con la
sigla V.M.
In questo capitolo, ho
voluto proporre anche alcune delle poesie più belle scritte da mio padre.
La
condizione contadina nei versi di Dino De Lucia
«…Non sapevo che Dino De Lucia scrivesse anche poesie. Quello delle
poesie è un grosso peccato che, molti di noi, si portano appresso come
una valvola di sfogo per le tante amarezze della vita e per l’eroismo,
sempre imperante, nei vari strati dell’umanità. Ma un poeta
«socialista» non può, e non deve, fare della sua poesia
un momento particolare del suo pensiero: egli ha necessità di comunicare
con gli altri, di dire dello stato di bisogno degli altri, di fare della
sua poesia un
«documento» di protesta che, nell’afflato
del verso, denunzi pure una dura realtà di fatto.
«…Con una poesia ora scarna ora colma d’impeti lirici, rivive ricordi
della triste infanzia e soprattutto partecipa alle vicende -tragiche il più
delle volte- della gente della Murgia. Quella gente assetata, da secoli,
d’acqua e di giustizia, quella gente che ancora oggi si abbarbica su
terre desolate dove non sono più le greggi d’una volta, dove il
silenzio di campi desolati fa la vita più triste, dove è difficile
nutrire in cuore anche le speranze.
«Il volume di questi canti, pubblicato dalla Società Editrice
Democratica Italiana di Roma, si divide in due sezioni, che sono due
momenti diversi di intendere le cose cantate,
«L’alba» e
«La notte».
«Nella prima parte, il verso è più asciutto e più dura è la
condizione umana tratteggiata, ma il poeta l’addolcisce con un canto
alato, a tratti anche pascoliano, che vede le piccole cose della vita e le
umanizza, le rende partecipi di una vita più grande di noi, forse più
bella di quanto non crediamo, anche nella durezza del momento storico.
Sintomatica è l’apertura del libro con l’asciutto «E’ sorto
il sole»dove, nel fulgore della giornata assolata, …
«sulla Murgia è notte / v’è la morte / del tempo che non posa /
sul deserto di rocce bianche e rosse / …Sulla Murgia è notte / domina
la morte».
«Visioni idilliache, per un momento, richiama «Il gregge scende
lento nella valle», anche se, sempre vigile, è il senso della
condizione umana della gente della Murgia: «…Il gregge scende
lento nella valle / non ha fretta / lieto soltanto / se tra le pietre
spunti un po’ d’erbetta. / Un bimbo undicenne / assonnato /col bastone
in mano lo sorveglia / perché non invada il seminato. / Giù nella valle
/ ove riluce un antico stagno / il gregge si sparpaglia / in cerca del
trifoglio e della menta. / Il pastorello allora dietro un sasso / placido
e tranquillo / s’addormenta».
«Colmo di drammatica forza «Erano distesi» dove l’eterno
tema del contadino è ripreso con forti accenti ancora di denunzia: «…Erano distesi lungo il sacro muro / della cattedrale / il sacco
del pane duro per guanciale… Erano venuti da lontano / da Grumo, da
Modugno, da Noci / da Polignano…Dormivano sotto il peso della stanchezza
/ cenci gettati senza pietà umana».
«La seconda parte, «La notte», procede con più
calma distesa. Chi fa professione di poesia, il più delle volte, è un
pessimista incorreggibile. Ma un poeta «impegnato» come Dino
Da Lucia che, se nei suoi momenti di silenzio scrive versi, in altri
s’inserisce con decisione nei movimenti politici che hanno a cuore le
sorti degli operai, dei contadini e della gente media, non può concludere
con visioni negative sulla vita che vive.
«Per questo motivo, «La notte» è ricca di fiducia,
di speranza e, anche se il verso può apparire d’occasione, è
certamente intriso di fiducia, di attesa, di chiara speranza in quello
che, ottocenticamente, ma che rende chiara un’idea politica, fu detto «il
sole dell’avvenire». «E vogliamo concludere queste affrettate note della vivace poesia di Dino De Lucia con le parole «Lavoriamo, lavoriamo» poste alla fine del suo volume: «Lavoriamo / lavoriamo. / La terra ci è amica. / Essa s’apre alla zappa / e pia / i fiori, gli alberi, la vite / …offre agli uomini ingrati. / Lavoriamo, lavoriamo / Rinserriamo nell’animo afflitto / rancore a chi ci fa del male / ma la certezza / del giorno prossimo a venire / in cui, liberi dai perigli diremo: / Questa terra è vostra, o figli.»
Le altre opere di
Critica letteraria A
proposito de l’Amante di Lady Chatterley
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La
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Biografie La vita e le opere di Canio Musacchio
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A
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