Politico e Poeta d'altri tempi

  Questa straordinaria istantanea di quegli anni, può assurgere a simbolo delle condizioni di estrema povertà di molte famiglie e dei ceti più deboli. Il prof. De Lucia non si stancò mai di denunciare le loro misere condizioni e di pungolare, in modo severo, le autorità, a tutti i livelli, come in occasione della visita del presidente Luigi Einaudi. Anche in quella circostanza, sul Sindaco e la sua giunta piovvero molte critiche per aver fatto vedere tutto al Capo dello Stato tranne «le catapecchie del rione Giudecca», a testimonianza dei numerosi problemi irrisolti della città e dell’intero Mezzogiorno.

Scorcio di  P.zza Repubblica
durante un comizio del Prof. De Lucia
(Maggio 1951)

  Lo scontro fra i partiti era duro ed intriso di fattori ideologici. Ciò emerge costantemente dall’analisi degli scritti di quel periodo, in cui si condannava, ad esempio, la scelta del governo nazionale di spendere somme inaudite per il riarmo anziché per la povertà e i bisogni sociali. Anche su questi temi si delineò il confronto durissimo tra i partiti di sinistra, il loro retroterra culturale, sociale e la DC, forza di governo, sostenuta dai chierici e dai ceti benestanti. La critica feroce s’appuntò sugli interessi di correnti, gruppi e notabili locali, che allontanavano la risoluzione dei problemi (appalti per la nettezza urbana e l’energia elettrica, la distribuzione fiscale, il piano regolatore). Sul banco degli imputati, a turno, salirono gli uomini politici che, a causa di «crucci, bizze, gelosie, ambizioni e compromessi» danneggiavano la città. Non si fecero sconti neanche nelle battaglie per la gestione di istituti quali il Convitto Cagnazzi, l’Asilo Infantile ed il Civico Ospedale e contro gli enti assistenziali.  

  Il tema della miseria e dell’ingiustizia sociale torna costantemente nelle denunce pubblicate in quel decennio. In un articolo intitolato «Nei rioni Giudecca e Inferno dei sepolti vivi ad Altamura», Dino De Lucia riportò lo sfogo drammatico di una donna che aveva dichiarato: «Dite e denunziate sui vostri giornali che ci tengono sepolti vivi. Poco prima che voi veniste, ero alle prese con un topo, il quale mi morde la poca roba che sta nel comò. Escono di qua i topi». Si piega, toglie un pezzo di cartone, al centro del pavimento appare un buco. Legge sul nostro volto uno stupore. «Non serve a ciò che voi pensate, dice, perché siamo in aperta campagna e questa copre tutto, ma è uno sfiatatoio. Sì, passa il canale che raccoglie il sangue delle bestie uccise; è una vera fogna che ci teniamo sotto il naso. Il Comune ci ha vietato di chiuderlo. Sono tre anni che viviamo in queste tane… Il tetto ha tali fessure che ci vedi il cielo e di notte ci conti le stelle». 

  

  

Seduta Consiliare del Luglio '56. Da sinistra, seduti: Aldo Teot, Massimo Mininni, Armando Padrone, Dino De Lucia, Marcantonio Colonna, Michele Bolognese, Tommaso Clemente, (PCI). All'interno: Ferulli, Nicola Caputo. In piedi, dietro il gruppo Consiliare: il gioornalista Vincenzo Quattronomini ed il maestro Pietro Fiorino, in seguito eletto Consigliere Comunale del PSI.

  Nelle denunce, respingeva il leit-motiv usato dagli amministratori: «Non ci sono case». Sosteneva: «Le case ci sono, ma per certi professionisti, commercianti e medici, i quali possono ben pagare i fitti correnti se comprano automobili e accessori e lasciare i nuovi stabili edificati a Monte Calvario agli operai e ai senza tetto.

  Che ci fa il Sindaco o la commissione per lui nell’assegnazione delle case INA o Fanfani? Lo sa il Sindaco che esistono i rioni della Giudecca, del Tradimento e dell’Inferno, le cui condizioni sono ben definite dalle stesse denominazioni? Lo sa di certo, ma non ci ha mai messo piede. Forse si affaccerà tra poco in occasione delle elezioni comunali.»
     

pag. 4 di 7

 << precedente

« 1   2   3     5   6   7 »

successiva >>

    

  Link Utili   Contributi    Il paese  Ringraziamenti   Noi per il Sociale
        

A mio padre    Dino De Lucia    L'impegno politico    L'attività letteraria    L'attività giornalistica    A Marigrazia